La teoria dei giochi, considerata da una prospettiva contemporanea, offre un unico modo per comprendere le dinamiche intersoggettive. La nozione berniana di transazioni ulteriori è un tentativo di spiegare come due menti comunicano inconsciamente. Durante un gioco due comunicazioni accadono simultaneamente: una conscia e verbale (transazioni a livello sociale) e l’altra non conscia e non verbale (transazioni a livello psicologico). Una transazione ulteriore coinvolge sistemi differenti di funzioni simboliche che sono attive nello stesso momento con significati incongrui. Le transazioni non verbali possono includere qualsiasi cosa, da azioni e comportamenti osservabili a cambiamenti sottili nel tono, intonazione, ritmo della voce e dell'espressione facciale, che vengono comunicati e colti ad un livello non conscio. Bucci (2001), scienziata cognitivista, sostiene che gran parte della comunicazione emotiva prende vita a livello non verbale, per esempio attraverso sfumature di gestualità, movimenti oculari e della respirazione che possono agire in modo pienamente potente al di sotto della consapevolezza. L’autrice suggerisce che non c’è alcun bisogno di riferirsi a “una percezione supersensoriale o ad altre spiegazioni astruse” (p. 44) per capire come una mente è in grado di comunicare inconsciamente con un’altra.
Un gioco bilaterale comincia quando il cliente inconsciamente studia il terapeuta come un
possibile partner di gioco, cercando le sue vulnerabilità che incontrano la descrizione del personaggio nel proprio copione. Ritornando alla metafora teatrale di Berne, la transazione ulteriore del cliente incontra l’intero cast interno di personaggi del terapeuta, che stanno aspettando dietro le quinte la chiamata del regista. Il cliente, usando tutta l’esperienza di un regista esperto, starà ad ascoltare la gamma di possibilità disponibili nella ricerca di una particolare qualità. Un aspetto della mente del terapeuta, il più adatto per la parte, si fa poi avanti per prendere il centro della scena, e ha inizio il dramma. Il cast potrebbe includere personaggi ombrosi che normalmente evitano la luce o quelli che stanno cercando un costume per la prima volta (elementi della psiche non formulati).
A questo punto prende l’avvio uno scambio di transazioni ulteriori complementari, ciascuna è orientata ad affondare più profondamente i giocatori entro un punto morto. Le idee di Stern (2010) chiariscono queste dinamiche rigide. Egli argomenta che durante un reciproco enactment, i ruoli conflittuali all’interno del dramma relazionale esistono come entità separate nelle due menti. Le parti dissociate del sé, che non possono essere mantenute all’interno di una sola mente senza il rischio di una disregolazione affettiva, sono invece attualizzate tra le due persone. In termini analitico transazionali, ogni giocatore esclude il ruolo complementare e lo provoca nell’altro. In particolare i giochi ruotano attorno a scissioni di polarità, come accusatore e accusato, persecutore e vittima, seduttore e sedotto, traditore e tradito. Per esempio, il cliente agirà come un persecutore,
provocando la sua esperienza da vittima nel terapeuta, o, viceversa, il cliente agirà il ruolo di vittima e recluterà il terapeuta per il ruolo di persecutore.
Gli scambi di gioco e le escalations verso un grado più elevato di gioco possono essere compresi come tentativi disperati di evitare che emozioni non simbolizzate diventino conscie. Il mio pensiero su questo tema è in linea con la formulazione della English (1976), che si è focalizzata sullo scambio di transazioni ulteriori. L’autrice concettualizza lo scambio come una reazione di panico che avviene solo quando un giocatore teme che l’altro possa smettere di giocare.
La soluzione di un gioco implica che un giocatore mantenga entrambi i ruoli all’interno della consapevolezza. Per il terapeuta, questo può significare la scoperta di un aspetto non desiderato o dissociato della propria esperienza, un processo che spesso richiede il fare i conti duramente con la propria onestà emozionale. La capacità del terapeuta di simbolizzare l’esperienza e di connetterla ad emozioni incongrue può favorire l’opportunità di incrementare l’abilità del cliente a contenere un conflitto interno (Stern, 2010).
I giochi inoltre possono essere compresi sia come ripetizioni del passato sia come vie di uscita da un vissuto emergente. Essi trasmettono esperienze non verbalizzate, significati che o sono stati repressi o non sono stati ancora formulati in pensieri, sentimenti e parole. Essi sorgono nel punto di incastro tra i due copioni, in cui il terapeuta diventa un attore all'interno del copione del cliente e contemporaneamente gioca un ruolo nel proprio copione. Attraverso la drammatizzazione tra le due menti, le esperienze non verbalizzate si trasformano in pensieri e sentimenti simbolizzati.
Da questo punto di vista, i giochi svolgono un'importante funzione comunicativa. La personalità e l’inconscio del terapeuta, piuttosto che essere elementi contaminanti sfortunati, diventano strumenti indispensabili (Slavin, 2010). Cliente e terapeuta insieme creano un'esperienza unica, e il controtransfert del terapeuta diventa un canale potente per ascoltare una storia che non può essere raccontata a parole.