A metà degli anni 80’ gli psicologi americani dell’Io hanno cominciato a mettere in discussione l’idea prevalente relativa al fatto che è solo il cliente a portare il transfert nella stanza di analisi, mentre il terapeuta qualificato rimane in una posizione superiore e distaccata. Essi hanno iniziato a riconoscere che anche terapeuti esperti agiscono comportamenti inconsciamente con i clienti (Jacobs, 1986; McLaughlin, 1987). Renik (1998) nota che le nostre azioni sono a volte il primo indizio rispetto ai nostri sentimenti controtransferali, e che ce ne accorgiamo solamente dopo l’evento. Per esempio, un terapeuta può agire la sua irritazione con il cliente cominciando inavvertitamente la seduta due minuti più tardi. In termini berniani quell’interazione costituisce uno scambio di gancio e anello all’interno di un gioco bilaterale.
Jacobs (1986) e McLaughlin (1987) usano il termine enactment per descrivere queste interazioni non verbali inconsce. McLaughlin (1991) definisce il termine in senso lato per riferirsi a qualsiasi gesto non verbale e, in un senso ristretto, a eventi che entrambe le parti esperiscono come la conseguenza del comportamento dell’altro (p. 599). Come Berne, McLaughlin intende questi modelli come ubiquitari: “siamo impegnati per tutta la vita con le parole e le azioni orientate ad ottenere qualche risposta in noi stessi e nell'altro in linea con queste aspettative [transferali] (p. 599). Egli suggerisce che le parole possono anche diventare una messa in atto quando vengono usate comebastoni e pietre (p. 598) per esercitare pressioni sugli altri.
Negli anni 1990, gli analisti di orientamento relazionale vedevano sempre più gli enactments come bidirezionali, inevitabili, e preziosi quando analizzati (Aron, 2003). Ellman (1998), Jacobs (1986), McLaughlin (1991), Maroda (1998), Renik (1998), e Stern (2010) tutti citano esempi di comuni enactments in cui il comportamento del terapeuta si sarebbe potuto correlare sia a ripetitivi pattern del cliente sia alla storia personale o al copione del terapeuta. Ad esempio, Jacobs (1986) si descrive mentre ascoltava silenziosamente e con soggezione il Signor K. nello stesso modo in cui era solito ascoltare suo padre parlare a tavola. Si rende conto che il suo silenzio era un enactment che nascondeva sentimenti di ostile competizione sia verso il padre sia verso il signor K. Ellman (1998) documenta i cambiamenti nella teoria dell’enactment e conclude che la vergogna e il narcisismo dei terapeuti hanno reso difficile che si parlasse prima nella storia della psicoanalisi di enactment reciproci.